
Un attore è immobile sul palco, attende il pubblico in compagnia di un vecchio baule. Si spengono le luci in sala e la platea si ritrova sospesa, capovolta nei termini dell’attesa, quando si scopre al cospetto di una scena bloccata e muta, che tarda ad animarsi. Dopo alcuni minuti, d’improvviso, come un fantoccio messo in moto da una carica segreta, l’attore si accende e avanza. Stabilisce le regole del gioco teatrale, ci chiede uno sforzo d’immaginazione: “Questa è la narrazione documentaria delle avventure post-mortem del più bello degli italiani. Personaggi principali: io. Interpreti principali: io. Altri interpreti: basta”. Così si apre il primo appuntamento del 14° Incontro Nazionale dei Teatri Invisibili, rassegna inaugurata il 2 settembre scorso al Teatro dell’Arancio di Grottammare con Dux in scatola - Autobiografia d’oltretomba di Mussolini Benito, lavoro scritto, diretto e interpretato dal giovane artista romano Daniele Timpano, finalista del Premio Scenario 2005 in cui è stato selezionato come miglior spettacolo dalla Giuria Ombra.
Un monologo fresco e acuto che vede l’attore lanciarsi in un viaggio mirabolante durato dodici anni: il viaggio in terra del defunto dittatore fascista, dal 1945 al 1957, da un contenitore all’altro, lungo un percorso tortuoso che va dall’esposizione del corpo a Piazzale Loreto alla tappa conclusiva nel cimitero di San Cassiano a Predappio.
È Mussolini stesso, il duce un tempo icona di tronfia e massiccia integrità e fanatico salutismo, ora trasformato in cadaverino scombinato e pestifero, a guidarci in una storia dal dopoguerra ai giorni nostri, tra tombe trafugate, intrighi di convento e di partito, giornalisti immaginifici e idolatri neofascisti. Un Timpano in verticale, che non si siede mai e si agita sul posto, con movenze che ricordano il teatro di figura, ma anche (nel gesto e nel suono) la reiterazione nevrotica e stilizzata di certi videogames fuori moda, presta il proprio corpo e la propria voce al dittatore chiuso in scatola, nell’orizzontalità dell’inerte baule sulla scena. Con lui - ma sarebbe meglio dire attraverso di lui, attraverso lo sdoppiamento scenico che confonde corpo d’attore e corpo (morto) di personaggio - ci addentriamo nelle zone d’ombra della vicenda, su cui Timpano fa chiarezza con lampi di luce fugaci, dentro le trame scomposte di un resoconto il cui punto di vista è in costante movimento. Un monologo straniante che mescola le voci, mai strumentalizzate con l’intento di strizzar l’occhio a un immaginario di toni e di posture, che rinuncia al consenso facile, ma gode di una comicità tutta sua e di un’originale tecnica narrativa, giocata sul ritmo come una partitura musicale. Cos’è dunque questo Timpano se non uno strumento, un corpo cavo e sonante? Egli è il congegno attore, che sta in un tempo fuori e dentro se stesso, chiuso a sua volta nella scatola teatrale di cui è marionetta vivente e presente, nel luogo dove i morti parlano e i vivi stanno ad ascoltare. Il morto che parla, però, non è un morto qualsiasi: l’inconciliabilità (fisica, ideologica, temporale) tra l’interprete e il personaggio, marca - ed esaspera - l’alterità ontologica dello spazio scenico, spezzando il filo di quella rassicurante complicità che troppe volte a teatro s’annoda su se stesso. Dux in scatola ci tiene distanti, come distanti siamo noi (noi che guardiamo e Timpano che si fa guardare) da una storia nazionale che pare non ri-guardarci più, come fosse un romanzo appena chiuso. Eppure, a volte, il naso appuntito dell’attore si sporge a bucare la scatola con feroce ironia: «Io e voi siamo d’accordo, no? Non siamo come quei fascisti là fuori... Beh, troppo comodo! Dio, Patria, famiglia, Dante, Leopardi, D’Annunzio, Alfieri, Goldoni, Carducci, e l’enciclopedia Treccani, e le targhe commemorative, e l’altare della Patria, e il Milite Ignoto, e il Risorgimento, e Garibaldi... Siamo circondati da secoli di cultura reazionaria, papalina, paternale, aristocratica, retorica, destrofila e sessista. Ogni italiano dovrebbe gettare la maschera e dichiararsi francamente fascista! Ciò vale a dire reazionario, papalino, paternale, aristocratico, retorico, destrofilo e sessista...». Non c’è scampo, siamo noi quelli chiusi in scatola: Timpano, l’uomo piantato in scena, da una baule che resta chiuso tira fuori un bel pezzo di Storia e lo frantuma in terra, ai nostri piedi, minaccioso. Vale la pena lasciarsi scuotere le budella.
Alessandra Cava
Daniele Timpano
Dux in scatola. Autobiografia d’oltretomba di Mussolini Benito
uno spettacolo di e con Daniele Timpano
collaborazione artistica Valentina Cannizzaro e Gabriele Linari
disegno luci di Marco Fumarola
foto di scena di Valerio Cruciani e Alessandra D'Innella
drammaturgia e regia di Daniele Timpano
Organizzazione di Maria Rita Parisi
Una produzione di amnesiA vivacE
In collaborazione con Rialto Santambrogio e
UbuSettete - periodico di critica e cultura teatrale
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