17.9.09

Si ride e si piange


Omìni di gruccia, a prima vista, dalle spalle larghe e la testa piccola, occhi di bottone, tre ometti che cercano di dimostrare qualche taglia in più, pupazzi costruiti di legno, a far da maschere al teatro, inanimati, impersonali, ma circondati da scherzi di parole disegnati su cartoncini colorati. È un gioco, “CRisiKo”, inevitabile per chi è di questo mondo, nel quale ci scopriamo immersi: forse basta sentirsi addosso lo sguardo di una sagoma di legno, o forse serve, esplicitamente, vedersi raffigurati sul palco, riuscendo a guardarsi, nella risata epifanica dal fiato mozzato; iniziare a percepirsi. “L’obiettivo è creare un rapporto con il pubblico, perché la gente non lo sa di essere pubblico. Ci proponiamo dunque come ascoltatori, ma anche come amplificatori di vite vissute”: i chiari occhi a disco degli omini riflettono (sul)la realtà indagata dal vero, risplendono di luce beckettiana, che rivela, taglia, lega, dalla sua prospettiva, le immagini, i profili poi dispiegati sul palco.
Gettati sul legno del teatro, gli omìni neonati, bambini, adolescenti, si trovano immersi in un mondo di altri, dai quali si fanno spazio a calci; estranei contingenti che presto, dalla lotta, diventano fonti di conoscenza di sé, poi modelli: il babbo, la mamma, il nonno, Cesare, Gesù, la Madonna “han fatto/han detto…”; estranei storici o fossilizzate caratteristiche comportamentali che dettano il normale. “Luca è l’eterno sfaccendato, […] Francesco è il cinico, il ‘quattrinaio’, Riccardo è il debole, il bigotto: abbiamo preso tre tipi, tre campionari delle piccole miserie umane”. I tre omìni crescono, di scena in scena, ragazzini, giovani, ragazzi, si costruiscono di vestiti, si nascondono in substrati: nel delinearsi delle personalità di ciascuno non si appropriano del vivere, ex-sistunt estranei, espropriati. Frenetiche sagome scattano sul palco, la statura fisica più eretta del vigore degli anni, amore, alcol, discoteca, droga, passere: il turbinio è divertimento. “Si fa, festeggiamo, tanto non possiamo fare altrimenti”: il divertimento è distrazione, oblio della noia tra un si fa e l’altro, quando si aspetta Godot. Gli omìni stanno bene, non scelgono, vogliono solo dormire, sputano al progetto, hanno paura del cambiamento, sono tristi, ma stanno bene; tanto che ne fuggono. Ma la corsa, l’urlo, portano avanti solo il tempo: evadere dal dove non si è mai entrati non è possibile; immutato resta il fittizio è convenzionale, che occulta il proprio autentico essere. Gli òmini ormai uomini, adulti, non saranno mai maturi: cibano la loro sopravvivenza di chiacchiere d’aria a gonfiare il proprio personaggio, si punzecchiano di ambigue curiosità apparenti, sguazzano in costanti equivoci, non avendo afferrato mai niente. Per questo quando in vecchiaia echeggerà reiterata l’affermazione: “il paradiso è qui, sulla terra”; più che un messaggio di speranza, suonerà come terribile memento di estrema lucidità.
In scena prende forma pian piano, plasmata dalle tre figure sul palco, una parabola heideggeriana, una farsa esistenzialista: è innalzato, a teatro, uno specchio autentico di esistenze inautentiche. I giochi di parole, le assillanti ripetizioni, le scene comiche scaturiscono da un montaggio esasperante di interviste, testimonianze, vite viste e vissute; l’esaltata l’assurdità aspira a provocare un atto di coscienza da parte del pubblico, delle risate che possano trafiggere la carne e mozzare il fiato: il terrore è nel guardarsi, vedersi davvero specchiato in quel turbinio di frasi fatte, sentirsi deriso da tutti e da se stesso, capirsi parte di un raccapricciante essere(un)insieme indistinto. Gli omini schiaffeggiano con urla, smorfie, lotte, in un gioco magistrale, che si guadagna la fiducia del pubblico, sorridendo lo spoglia di ogni difesa, per sbeffeggiarlo, infine, crudelmente. “Il nostro è un bisogno pressante, continuo, convinto, di crescere, di trasformare, di conoscere e riconoscere. Bisogna, allora, mettere all’erta, avvertire, far presente e nel presente agire, bisogna far capire o ancor meglio non capire, provocare, provocare una reazione, imboccare curiosità, alimentare curiosità, ingrassare curiosità”. In “CRisiKo!” c’è lotta, c’è crisi e c’è riso; è un gioco “CRisiKo!” dove si vive: “e si ride e si piange, senza saperne il motivo”.

Matteo Vallorani
Gli omini
CRisiKo!
di e con Riccardo Goretti, Francesco Rotelli, Luca Zacchini 


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